COLORE E CEMENTO

ARCHITECTURE | CHANDIGARH

Concepita nel 1951 come nuova capitale dello stato indiano del Punjab dopo la spartizione del 1947, Chandigarh incarna la filosofia e i principi progettuali di Le Corbusier e rappresenta la sintesi del rapporto tra architettura e pianificazione urbana.

Al suo centro si trova il Complesso del Campidoglio, dal carattere monumentale, costituito dai palazzi dirigenziali. Esso non solo riflette i famosi “cinque punti” di Corbu, ma racchiude anche gli ideali della Ville Radieuse e della Carta di Atene, concretizzando il suo approccio visionario alla progettazione urbana.

Gli aspetti morfologici e urbani si integrano con quelli linguistici, in una fusione unica nel suo genere. La vitalità espressiva del cemento armato dialoga con inserti cromatici elementari, quasi a voler reinterpretare la tradizione indiana e la crudezza del paesaggio.

Tra le pieghe delle strutture, improvvisi lampi di colore veicolano un mondo architettonico del tutto nuovo, rompendo i ritmi di facciate spazi complessi.

 

Color and cement – Conceived in 1951 as the new capital of the Indian state of Punjab after the partition of 1947, Chandigarh embodies the philosophy and design principles of Le Corbusier and represents the synthesis of the relationship between architecture and urban planning.

At its center is the Capitol Complex, with a monumental character, made up of the executive buildings. It not only reflects Corbu’s famous “five points”, but also encompasses the ideals of the Ville Radieuse and the Athens Charter, concretizing his visionary approach to urban design.

The morphological and urban aspects integrate with the linguistic ones, in a unique fusion of its kind. The expressive vitality of the reinforced concrete dialogues with elementary chromatic inserts, as if to reinterpret the Indian tradition and the rawness of the landscape.

Among the folds of the structures, sudden flashes of color convey a completely new architectural world, breaking the rhythms of complex facades and spaces.

PENSIERI DI LANA

Arte? Design? Artigianato? Decorazione? Non vogliamo incasellare il lavoro che João Bruno Videira (autodidatta, autodefinito “scultore tessile”) ha intrapreso nel 2006. Frutto di una manifattura paziente ed emozionale, i suoi pattern colorati sono lo specchio di un mondo intuitivo e interiore: «Filo dopo filo costruisco la mia storia. Il processo artistico è per me una forma di scoperta, di autoconsapevolezza, di rivelazione di quella che è la nostra stessa essenza. Ogni pezzo che creo è, quindi, un viaggio. Un viaggio interiore che attraversa i miei vissuti e le mie esperienze e si manifesta in forme e colori diversi.

La geometria, la natura, la vita stessa, è la mia guida come artista. Che si tratti di una linea lineare o organica, il risultato finale rivela sempre la mia estetica e il mio linguaggio».

È proprio la complessità concettuale dei suoi pattern ad attribuire loro una smisurata versatilità nel paesaggio domestico, con un ruolo che può spaziare dall’arte alla vita quotidiana.

 

Wool’s thoughts – Art? Design? Craftsmanship? Decoration? We don’t want to pigeonhole the work that João Bruno Videira (autodidact, self-defined “textile sculptor”) undertook in 2006. The result of patient and emotional manufacturing, his colorful patterns are the mirror of an intuitive and interior world: «Thread after thread I build my story. The artistic process is for me a form of discovery, of self-awareness, of revelation of what is our very essence. Every piece I create is, therefore, a journey. An inner journey that passes through my experiences and experiences and manifests itself in different shapes and colors.

Geometry, nature, life itself, is my guide as an artist. Whether it is a linear or organic line, the final result always reveals my aesthetic and my language».

It is precisely the conceptual complexity of his patterns that gives them an immeasurable versatility in the domestic landscape, with a role that can range from art to everyday life.

IL COLORE DEI SOLDI

ARCHITECTURE | EMMANUELLE MOUREAUX

La nuova filiale della Sugamo Shinkin Bank a Shimura è una sorta di manifesto dell’architettura di Emmanuelle Moureaux, progettista francese ma trapiantata in Giappone.

L’edificio occupa una posizione angolare e appare come una stratificazione di piani a effetto arcobaleno, sfalsati l’uno rispetto agli altri, con un esito visivo particolarmente dinamico.

La stessa progettista descrive l’intervento come «una pila di 12 strati colorati, che fa capolino dalla facciata per accogliere i visitatori. Entrando nell’edificio, tre lucernari ellittici inondano l’interno di una luce soffusa. Il soffitto è decorato con motivi a soffio di tarassaco che sembrano fluttuare e fluttuare nell’aria. Tre lunghi pozzi d’aria in vetro attraversano il primo e il secondo livello dell’edificio, inondando l’interno di luce naturale e “soffiando” aria attraverso di esso».

La vita dell’edificio prosegue anche di notte, quando l’illuminazione artificiale produce un’identità notturna davvero spettacolare.

 

The color of money – The new branch of the Sugamo Shinkin Bank in Shimura is a sort of manifesto of the architecture of Emmanuelle Moureaux, a French designer but transplanted to Japan.

The building occupies a corner position and appears as a stratification of rainbow-effect floors, staggered from each other, with a particularly dynamic visual outcome.

The designer herself describes the intervention as «a stack of 12 colored layers, which peeks out from the facade to welcome visitors. Upon entering the building, three elliptical skylights flood the interior with soft light. The ceiling is decorated with dandelion puff patterns that appear to float and float in the air. Three long glass air shafts span the first and second levels of the building, flooding the interior with natural light and “blowing” air through it.”

The life of the building continues even at night, when artificial lighting produces a truly spectacular nocturnal identity.

SACRO VIOLA

INTERIOR | BERLIN

Questa casa ha oramai 10 anni, ma non possiamo non recensirla, considerata la sua esteticità al di fuori del tempo.

Un ex complesso ecclesiastico monolitico diventa una casa sorprendentemente gioiosa: Joerg Koch, direttore della rivista tedesca 032c, si è insediato, assieme alla propria famiglia, in un’ala di una chiesa brutalista dismessa, situata nel centro di Berlino.

Oggi St. Agnes, costruita a metà degli anni ‘60, si è trasformata in uno spazio destinato “riunire persone che producono qualcosa di culturalmente rilevante, che si tratti di architettura, mostre, riviste o libri”.

Nello specifico, i Koch vivono in un appartamento che un tempo fungeva da canonica, dove hanno cercato di enfatizzare il contrasto tra vecchio e nuovo, conservatore e radicale, grezzo e raffinato. Questa giustapposizione è forse più evidente nel living room, dove una morbida moquette viola riveste pavimento e pareti, fino a incontrare un soffitto di cemento a vista.

La drammaticità e la sobrietà della stanza viola conferiscono alla casa un’aria di artistica sofisticatezza, ma allo stesso tempo di calore.

 

Sacred violet – This house is now 10 years old, but we cannot fail to review it, considering its timeless aesthetics.

A former monolithic ecclesiastical complex becomes a surprisingly joyful home: Joerg Koch, director of the German magazine 032c, has settled, together with his family, in a wing of a disused brutalist church, located in the center of Berlin.

Today St. Agnes, built in the mid-1960s, has transformed into a space intended “to bring together people who produce something culturally relevant, whether it be architecture, exhibitions, magazines or books”.

Specifically, the Kochs live in an apartment that once served as a rectory, where they sought to emphasize the contrast between old and new, conservative and radical, raw and refined. This juxtaposition is perhaps most evident in the living room, where a soft purple carpet covers the floor and walls, until it meets an exposed concrete ceiling.

The drama and sobriety of the purple room give the house an air of artistic sophistication, but at the same time warmth.

IL MAGO DELLA MATERIA E DEL COLORE

DESIGN | GAETANO PESCE

Se n’è andato con il botto finale. A pochi giorni dalla sua scomparsa, si è aperta a Milano, presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, una brevissima mostra sul suo lavoro, alla quale lui stesso aveva lavorato fino all’ultimo.

Uno dei designer/artisti più eretici del secondo dopoguerra ospitato proprio in un luogo contrario al suo mondo estetico, fatto di sperimentazione e visionarietà. Accanto a dipinti antichi, realizzati a olio, ingialliti dal tempo e dall’obsolescenza culturale, le sue resine coloratissime, enfatizzate dai giochi di controluce.

Gaetano Pesce, nato a La Spezia ma adottato da New York, rappresenterà sempre una figura unica nel suo genere e fondamentalmente senza epigoni: come tutti i veri artisti, anche se i suoi temi “progettuali” sono sempre derivati dalla sfera del design.

Crediamo che, in tempi non sospetti, abbia spianato la strada alla generazione 2K dei designer, che però si sta involvendo in un formalismo utile solo a “bucare” i social.

 

The magician of matter and color – He left with a final bang. A few days after his death, a very short exhibition on his work opened in Milan, at the Veneranda Biblioteca Ambrosiana, on which he himself had worked until the end.

One of the most heretical designers/artists of the post-war period hosted in a place contrary to his aesthetic world, made up of experimentation and visionaryness. Alongside ancient paintings, made in oil, yellowed by time and cultural obsolescence, his colorful resins, emphasized by the play of backlight.

Gaetano Pesce, born in La Spezia but adopted by New York, will always represent a unique figure in his genre and fundamentally without imitators: like all true artists, even if his “design” themes have always derived from the sphere of design.

We believe that, in unsuspecting times, he paved the way for the 2K generation of designers, which however is evolving into a formalism useful only for “piercing” social media.

UN CONTRASTO INAUDITO

INTERIOR | BURR

In questo recente progetto, Burr Studio ha implementato una serie di soluzioni di dettaglio per trasformare un ex ufficio in una casa. Contraddistinti dalla loro materialità – legnosa o metallica – i nuovi oggetti riempiono aperture e spazi, appesi a muri portanti o appoggiati su superfici dure, creando una gerarchia visiva e definendo le diverse zone di questo appartamento a Madrid.

Ma il nostro interesse, ovviamente, ricade sulle scelte cromatiche, che stavolta appaiono davvero sorprendenti. L’involucro rimane bianco, quasi a fare da sfondo alle nuove presenze di organizzazione dello spazio. Qui rileviamo un accostamento tra due colori prima inimmaginabile: il blu chiaro, applicato alle superfici metalliche, e l’ocra, ottenuto lasciando a vista il materiale delle opere lignee.

Un match audace, tutt’altro che scontato, che conferma l’infinita libertà in cui si muovono i linguaggi contemporanei.

 

An unhead of contrast – In this recent project, Burr Studio implemented a series of detail solutions to transform a former office into a home. Distinguished by their materiality – woody or metallic – the new objects fill openings and spaces, hanging from load-bearing walls or resting on hard surfaces, creating a visual hierarchy and defining the different areas of this apartment in Madrid.

But our interest, obviously, falls on the color choices, which this time appear truly surprising. The casing remains white, almost as a backdrop to the new presences of organization of the space. Here we note a previously unimaginable combination between two colours: light blue, applied to metal surfaces, and ocher, obtained by leaving the material of the wooden works visible.

A bold match, anything but predictable, which confirms the infinite freedom in which contemporary languages move.